Le vite nascoste dei colori di Laura Imai Messina
a cura di Miriam Maggi
“Quando i loro destini s’incrociano in una mattina qualsiasi, Mio e Aoi si specchiano l’una nell’altro come due colori complementari. Sarebbe tutto perfetto, se non fosse che il loro incontro non è stato casuale: ancora non lo sanno, ma le loro esistenze stanno per entrare in collisione”.
Con ‘Le vite nascoste dei colori’, Laura Imai Messina, scrittrice italiana a Tokio, dirotta la nostra mente nel mondo dell’arte e della letteratura. Un binomio vincente e affacinante che irradia sfumature orientali. Il mondo giapponese permea ogni pagina, un ricamo poetico della cultura millenaria in grado di trasmettere il potere magico del Sol Levante. Non c’è nulla di più vero dei colori, delle parole che danno fiato alla cromia del vivere.
Kandinsky sosteneva che ‘ogni colore vive una sua propria vita misteriosa’.
Questo libro celebra il vissuto tra sfumature e abbagli, con imprevedibilità e acuta armocromia. Siamo sul selciato del tempo, in curva, pendenza, discesa nella banchina dei ricordi. Tutto in velocità o frenata. Cosa importa? È l’attimo a vocalizzare l’impatto emotivo. I protagonisti sono Mio e Aoi, destinati ad incontrarsi per trovare il loro colore, la loro storia. La frizione delle pagine racconta l’intimità dei sentimenti e l’ossigeno degli opposti che si chiamano e si dipingono. Mio riesce fin da bambina a cogliere e rinominare tutti i colori del mondo. Questo incredibile dono lo ha appreso guardando danzare ago e filo sui kimono da sposa, un rituale in grado di decifrare il suo alfabeto, il suo sguardo segreto. Aoi, invece, accompagna le persone nel giorno più buio e, anche lui, nell’ignoto, riconosce il mistero dei silenzi e la loro cura. Può apparire una storia sul tanto agognato amore perfetto, l’incanto di chi scopre una lingua comune per guardare al di là delle cose. Ma il loro incontro è qualcosa di più.
‘Ciò che non si chiama sparisce’ e l’autrice urla con il lettore che ricorda e sospira. Un romanzo avvolto dall’anima del Giappone, dalle fibre di origami stesi al sole degli eventi che vibrano e risplendono. Ci sono due famiglie e due incontri che intercettano il daltonismo dell’Unione.
Un trampolino nel vento dell’essere diversi, saper nuotare lungo la riva destra del cuore per incontrarsi con il proprio destino, la propria felicità. Credo sia tutto lì il senso del vivere, la fortuna di tuffarsi a capofitto nel colore dei giorni e non mutare la pelle in trasparenza, non esitare e generare l’equilibrio del complementare.
Occorre pazienza ma esiste l’antidoto alla cecità? Quanti in grado di vedere l’altro e assecondarne le alterazioni cromatiche? Chi è davvero in grado di toccare il pantone delle emozioni?