Galleria dell’Accademia di Firenze Prorogata a domenica 2 aprile 2023 la mostra I BRONZI DI RIACE di Luigi Spina

 

Un percorso per immagini

 

 

 

Fotografie di Luigi Spina

 

 

A cura di Carmelo Malacrino,

©Luigi Spina

©LUIGI Spina

direttore del Museo Archeologico Nazionale Reggio Calabria

 

La Galleria dell’Accademia di Firenze, visto il successo di pubblico, ha deciso di prorogare fino a domenica 2 aprile 2023 la mostra I BRONZI DI RIACE un percorso per immagini, fotografie di Luigi Spina, a cura di Carmelo Malacrino, direttore del Museo Archeologico Nazionale Reggio Calabria, realizzata con il MArRC, per il Cinquantesimo anno dalla loro scoperta.

 

 

 

Un’occasione – come hanno sottolineato sia Cecilie Hollberg, direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze, sia Carmelo Malacrino – per creare una significativa collaborazione tra due istituzioni del MiC- Ministero della Cultura e per festeggiare insieme due compleanni importanti: i 140 anni da quando il capolavoro di Michelangelo si trova nella Tribuna del museo fiorentino e i 50 anni dalla scoperta dei due “capolavori del Mediterraneo”. Un evento che riunisce nello stesso luogo due icone dell’arte: i Bronzi di Riace e il David di Michelangelo

 

 

 

Le due magnifiche statue in bronzo furono scoperte il 16 agosto 1972, durante una battuta di pesca subacquea nei pressi di Riace Marina, a 8 metri di profondità. Dopo un avventuroso recupero, i due guerrieri – due figure maschili nude, convenzionalmente chiamate A e B, oppure il “Giovane” e il “Vecchio”, di dimensioni leggermente superiori al normale – furono trasportati al Museo Nazionale di Reggio Calabria, dove vennero sottoposte a un primo intervento di restauro, affidato successivamente, agli inizi del 1975, al Laboratorio della Soprintendenza Archeologica della Toscana. I Bronzi furono esposti per la prima volta al pubblico nel dicembre del 1980, a Firenze, nel Museo Archeologico, e poi, nel 1981, al palazzo del Quirinale, a Roma. Un evento di grande risonanza mediatica, che richiamò folle di visitatori da ogni dove. Gli studi hanno consentito di stabilire che le due opere sono riconducibili al secolo d’oro dell’arte greca, databili intorno alla metà del V sec. A.C., esempio di una sapiente e fine tecnica bronzistica, forse realizzate da due maestri diversi ma comunque per una destinazione pubblica.